Carlo Goldoni nasce a Venezia il 25 Febbraio 1707 da Giulio, e da Margherita Salvioni. Il padre Giulio nato anche lui a Venezia ma da famiglia di origine modenese esercitava la professione di medico avendo compiuto studi di medicina senza aver conseguito tuttavia la laurea (in allora era concesso di praticare la professione medica anche a chi ne era pratico, non solamente ai dottori in medicina)
Trascorre i suoi primi 11 anni a Venezia con i genitori ed il fratello Gian Paolo di 5 anni più giovane di lui.
Nel 1719, all’età di 12 anni, si trasferisce con la madre ed il fratello a Perugia ricongiungendosi al padre colà trasferitosi poco prima per lavoro
Inizia quello stesso anno gli studi in un collegio di Gesuiti della città umbra
Nel 1720 prosegue gli studi in una scuola di Domenicani a Rimini ed in quella città viene messo a pensione presso un negoziante e banchiere emiliano
A Rimini, dove rimane circa due anni il quattordicenne Goldoni frequenta il locale teatro, rivolgendo in particole le sue attenzioni ed il suo interesse alle “attrici giovani” presente più nei camerini che in platea
Nell’autunno 1722 viene accolto nel celebre collegio Ghisleri di Pavia dove fu studente per circa tre anni della facoltà di diritto, e da dove fu espulso nella primavera del 1725 per aver scritto e diffuso una irriverente satira in versi (che intitolò “Il Colosso”) che prendeva di mira, con tanto di nomi e cognomi, le fanciulle pavesi
Trascorre i due anni successivi alla “cacciata” dal Ghisleri tra la casa paterna di Chioggia e Udine, dove frequenta un corso di diritto
Nel 1727 si iscrive, ventenne, all’Università di Modena dove riprende gli studi in giurisprudenza
Dal gennaio 1728 all’aprile 1729 svolge l’incarico di “coadiutore aggiunto” presso la cancelleria criminale di Chioggia alle dipendenza del “nobilhomo” Francesco Bonfadini, appena nominato podestà di Chioggia
Promosso alla cancelleria di Feltre, vi lavora dal Maggio 1729 al settembre 1730. Colà, il ventiduenne Carlo dalle facili accensioni amorose frequenta assiduamente una fanciulla di nome Angelica. Nella cittadina veneta entra in contatto con la compagnia girovaga di Carlo Veronese che aveva piantato tende nel locale teatro. Qui scrisse i suoi due primi intermezzi : “Il buon padre” (poi andato perduto) e “La cantatrice”
Nell’autunno del 1730 l’irrequieto Carlo lascia Feltre per evitare di dover contrarre matrimonio riparatore con la compromessa Angelica e raggiunge la famiglia trasferitasi nel frattempo a Bagnocavallo, grosso borgo della legazione di Ravenna, dove il padre Giulio esercita la professione di “medico aggiunto”
Pochi mesi dopo, nel gennaio 1731, muore il padre. Carlo rientra con la madre ed il fratello a Venezia
Completa gli studi di giurisprudenza presso l’ateneo di Padova, dove si laurea nell’ottobre del 1731
Nel maggio 1732 ottiene il titolo di “Avvocato Veneto”
All’inizio del 1733 è costretto a lasciare Venezia pressato da turbolenze dovute ad intrighi amorosi, debiti non pagati contratti al tavolo da gioco, creditori inferociti. Sceglie come meta Milano
Nel viaggio verso Milano fa soste prolungate a Vicenza, Verona, Desenzano, Salò, Brescia, Bergamo. In quest’ultima città incontra in veste di governatore quello stesso nobilhomo Bonfadini che aveva conosciuto come podestà a Chioggia. Suo tramite ottiene la protezione dell’ambasciatore della Serenissima a Milano che lo accoglie nel suo palazzo conferendogli l’incarico di “gentiluomo di camera”
A Milano incontra Bonafede Vitali, un ciarlatano inviso ai medici ma ricercatissimo dalla gente comune e apprezzato da questa per i suoi “rimedi” nonché appassionato di teatro, al punto da stipendiare una compagnia di commedianti che recitava alla fine delle sue affollatissime vendite sulla pubblica piazza di impiastri, unguenti, pillole e altri medicamenti “miracolosi”. In quella compagnia recitavano, tra gli altri, il “primo amoroso” Casali e il “pantalone” Rubini, che l’anno successivo sarebbero stati scritturati a Venezia rispettivamente al Teatro San Samuele e al Teatro San Luca. Per la troupe del Vitali Goldoni scrive l’intermezzo “Il gondolier veneziano”
Per ragioni legate alla guerra di successione in Polonia, estesasi in Italia ed in particolare a Milano e dintorni, Goldoni deve far rientro, nel settembre del 1734, a Venezia
Il Casali, conosciuto a Milano, lo fa assumere come poeta di compagnia presso il Teatro San Samuele dove era allora capocomico Giuseppe Imer. Comincia a scrivere per il San Samuele
Viene presentato dall’Imer a sua eccellenza Michele Grimani, che lo impegna a lavorare anche per quello che era allora il massimo tempio veneziano della lirica ovvero il Teatro d’opera di San Giovanni Grisostomo (l’attuale Teatro Malibran)
Il turbolento Carlo approfitta della crescente autorità di apprezzato poeta di compagnia per giostrarsi furbescamente tra un’attrice e l’altra finendo per suscitare gelosie e rendersi l’esistenza problematica
A seguito della compagnia Imer si sposta A Padova, Udine e Genova. In quest’ultima città sposa, il 23 Agosto del 1736, la diciannovenne Nicoletta, figlia del notaio genovese Agostino Connio
Con il matrimonio riuscì a temperare, in verità non da subito ma bensì dopo un periodo di “assestamento”, la sua inclinazione agli eccessi e alla sregolatezza. La saggia ed equilibrata Nicoletta rappresentò, alla lunga, l’ancora di salvezza per un galantuomo figlio del secolo in cui visse, un po’ troppo sensibile al fascino femminile ma soprattutto privo del senso del denaro e con la rovinosa passione per il tavolo da gioco
Rientra a Venezia con la giovane sposa e continua a scrivere per i due teatri per i quali lavorava
nel 1939 riesce a farsi nominare console della repubblica di Genova a Venezia. Spinto dall’ambizione di fare buona figura con il parentado genovese il precipitoso e ingenuo Goldoni, ignorando che la cifra destinagli come console è assai modesta, si lancia in spese non commisurate alle sue reali possibilità, alla fine indebitandosi
Nel maggio del 1743, spinto dai morsi dei creditori e da guasti determinati da intrighi amorosi non del tutto sopiti dalle nozze, fugge con la moglie da Venezia
Si stabilisce per brevi periodi dapprima a Bologna e poi a Rimini, ed infine per un triennio a Pisa, dove riprende ad esercitare la professione di avvocato.
Nell’agosto del 1747 incontra a Livorno, dove si trovava in tournée estiva, la compagnia del capocomico Girolamo Medebach, allora attiva al Teatro Sant’Angelo di Venezia. Il Medebach gli offre la scrittura come poeta di compagnia
Nel 1748 accetta la proposta di Medebach. Da quel momento abbandona definitivamente l’avvocatura. Ritorna nel 1749 a Venezia dedicandosi unicamente da allora in avanti a scrivere per il teatro
Lavora per il Teatro Sant’Angelo con un contratto quadriennale da 400 ducati annui e l’impegno di scrivere dieci nuove commedie all’anno
Nel 1753 Goldoni lascia il Teatro Sant’Angelo e passa alle dipendenze del Teatro San Luca (l’attuale Teatro Goldoni) di proprietà dei fratelli Antonio e Francesco Vendramin con un contratto triennale da 600 ducati annui che prevede l’impegno di scrivere otto nuove commedie all’anno. Alla scadenza del triennio il contratto viene rinnovato per ulteriori sette anni a condizioni maggiormente vantaggiose per Goldoni sia in termini di retribuzione che di impegno (sei nuove commedie l’anno anziché le otto dovute nel precedente tiennio)
Nel 1754 il fratello Giampaolo, militare di carriera, di recente rimasto vedovo, rientra a Venezia con i due figli : Antonio di otto anni e Petronilla di cinque. Di lì a breve deve ripartire per altre destinazioni e chiede al fratello di farsi carico dei due figli che non intende condurre con sé . Nicoletta, non avendo avuto figli accetta con entusiasmo di accogliere in casa i due nipotini a “tempo indeterminato”
Nel novembre 1754 muore la madre Margherita
In tutto il decennio in questione aspre polemiche letterarie con i suoi più accesi concorrenti-rivali : Carlo Gozzi e Pietro Chiari
Come già negli anni precedenti numerosi cambiamenti di abitazione in Venezia e svariati viaggi con relativi soggiorni in varie città d’Italia. Merita una citazione a parte il soggiorno di oltre sette mesi (novembre 1758 – luglio 1759) a Roma durante il quale scrive alcune opere per i Teatri Tordinona e Capranica della Città Eterna
A partire dal 1754 recrudescenza della malattia di nervi che lo affligge fin dall’età giovanile e della quale avrà negli anni a venire frequenti riflussi
In questo decennio parallelamente al suo principale impegno che è quello con il Teatro San Luca intrattiene rapporti di lavoro anche con i Teatri veneziani San Moisè e San Samuele per i quali scrive e mette in scena opere buffe
Nel 1756 riceve dal Duca di Parma, dove soggiorna per due mesi ottemperando all’incarico di scrivere e curare la messa in scena di alcune opere il vitalizio di benemerenza di 3000 lire parmensi l’anno
Acclamato in scena, ricercato nei salotti, protetto da autorevoli estimatori, guardato con simpatia dalle comiche e dalle cantatrici ma anche da molte aristocratiche Goldoni varca la soglia dei cinquant’anni “con il vento in poppa”
Nel 1761 chiede al governo della Serenissima un vitalizio di benemerenza analogo a quello riconosciutogli dal ducato di Parma, ma gli viene negato
Sempre nel 1761 riceve l’offerta, che accetta, di un contratto biennale (retribuito con 6000 franchi francesi l’anno) di andare a lavorare a Parigi per la compagnia che recita al Teatro della Comédie Italienne
Il 16 Febbraio 1762 si congeda dal pubblico del Teatro San Luca in occasione di una replica dell’ultima commedia che egli per tale Teatro scrisse ovvero “Una delle ultime sere di carnovale” opera nella quale nella figura di Anzoletto, disegnatore di stoffe che parte da Venezia per esercitare la sua opera artigianale, non pienamente riconosciuta in patria, all’estero è evidentemente leggibile un riferimento autobiografico di un Goldoni amareggiato dai successi del suo rivale Gozzi che egli vive come un “tradimento” del suo pubblico e dal negato vitalizio da parte della Serenissima
Il 22 Aprile 1762 lascia Venezia con destinazione Parigi pensando di rimanerci per il tempo previsto dal contratto con il Teatro della Comédie Italienne ovvero per due anni, mentre invece vi rimarrà, come è noto, per trenta. Con lui vi sono la moglie Nicoletta, il nipote Antonio e un servitore, non invece la nipote Petronilla che decide di lasciare a Venezia a collegio in un convento
Nel viaggio verso Parigi soste protratte a : Bologna, Parma, Genova, Nizza, Marsiglia, Lione
Giunge a Parigi il 26 Agosto 1762
Lavora per la Comédie Italienne (per la quale scrive prevalentemente scenari) per circa due anni, fino a Febbraio 1765
In quello stesso Febbraio riceve l’incarico di insegnante di italiano della principessa Adelaide, primogenita del re Luigi XV
Nel Marzo 1765 una malattia lo priva della vista all’occhio sinistro
Ad Aprile di quello stesso anno raggiunge la corte a Versailles per svolgere l’incarico assegnatoli, e vi rimarrà fino al 1769
Dal 1769 al 1774 rientra a Parigi, gode da quel momento di un assegno-vitalizio assegnatoli dal re ammontante a 3600 lire francesi all’anno. Scrive in tale periodo un paio di lavori per il massimo teatro francese di allora ovvero la “Comédie Française”
Nel 1774, nominato insegnante di italiano di due sorelle del re Luigi XVI (dapprima Clotilde e poi Elisabetta), ritorna a Versailles presso la corte e vi rimarrà fino al 1780
Nel 1780 rientra definitivamente a Parigi
Tra il 1783 e il 1786 scrive i “Mémoires”: il suo testo autobiografico
E’ a Parigi quindi allo scoppio della Rivoluzione francese (1789). Tre anni più tardi, nel 1792, il vento della Rivoluzione sconvolge la ormai tranquilla vita dello scrittore : la Convenzione nazionale abolisce tutti gli assegni annuali erogati per decreto reale e quindi anche il suo, facendolo piombare in una situazione economica di ristrettezza
Muore a Parigi, assistito dal nipote Antonio e dalla moglie Nicoletta (che gli sopravviverà di due anni) il 6 Febbraio 1793. Le sue ceneri sono state disperse